Galletti: conoscere i materiali e trasformarli in luce

Dal fascino dei mosaici ravennati, Gustav Klimt trasse l’ispirazione per la svolta che generò i capolavori più celebri della sua pittura. Nel ritratto di Adele Bloch-Bauer, nel bacio e nella Danae, la manipolazione della foglia d’oro veste di luce il soggetto investendo nelle proprie vibrazioni anche l’osservatore. Ogni artista trova prima o poi il suo paradiso, sorgente infinita di ispirazione.

 

Per Gustav Klimt il paradiso coincise con Ravenna e con i suoi mosaici. L’artista austriaco fu in città due volte nel 1903. Cinque anni prima era stato inaugurato a Vienna il padiglione della Secessione, di cui Klimt era figura di riferimento. La tensione verso un’arte rinnovata che agganciasse il proprio tempo dimenticando ogni retaggio accademico, ha una bellezza libera e totalizzante, incapace di sopportare le divisioni tradizionali fra arti maggiori e arti minori animava le iniziative di una nutrita schiera di artisti.

 

A Ravenna, Klimt scoprì l’eleganza ieratica dell’imperatrice di Oriente, le teorie di giovani sante che procedevano verso gli altari ornate di perle di monili, il mistero luminoso racchiuso nelle tessere del mosaico. L’arte bizantina prospettò così nuovi orizzonti al Novecento.

 

Klimt, che era figlio di un orafo, ritrovò a Ravenna una tradizione a lui familiare nelle sottili lamine di metallo prezioso, inserite nella pasta vitrea delle tessere. Allineate con sapienza, orientate in modo da catturare, rifrange la luce naturale, le tessere d’oro avevano dischiuso a Dante, 600 anni prima, la vertigine del paradiso.

L’ultima cantica della Commedia scritta dall’Alighieri durante il soggiorno ravennate, è impensabile senza la suggestione delle figure che il poeta vide allineate sulle pareti e sulle volte delle chiese, delle basiliche, dei battisteri.

 

Dalla rivoluzione luminosa vissuta a Ravenna, Klimt trasse l’ispirazione per la fase più conosciuta della sua attività artistica di questo periodo aureo Adele Bloch-Bauer fu musa ispiratrice. Ricchissima e raffinata, brillante in società quanto ingombra nell’anima di nevrosi e malinconie. Adele fu legata a Gustav Klimt da un’intensa amicizia. Nella prima decade del Novecento l’artista sviluppò intorno alla sua figura le sperimentazioni che gli consentirono di tradurre in un’arte nuova quanto aveva appreso sui mosaici ravennati. Il primo ritratto che dedicò Adele Bloch-Bauer è noto come La donna d’oro.

 

La gestazione dell’opera occupò l’artista per tre anni. Da una folta serie di schizzi preparatori ebbe origine una tela perfettamente quadrata su cui il viso e le mani di Adele, studiati con incisivo senso di verità, convivono con una favolosa tensione decorativa che fonde insieme elementi dell’arte egizia, armonia astraenti e musicali e la sfavillante luminosità della foglia d’oro.

 

La bellezza di Adele, il fascino della sua malinconia sono luce, come lo è del resto il prezioso pulviscolo che ne abbraccia le forme. Ancora il volto di Adele Bloch-Bauer ispirò forse quello della protagonista femminile del celebre bacio dipinto nel 1907, in parallelo rispetto alla donna d’oro. L’istante in cui maschile e femminile si appartengono fino a fondersi diventa oro e quindi luce, appena evocati dai partiti decorativi delle vesti, i corpi dei due amanti si dissolvono nel fondo privo di dimensioni che proietta il proprio riverbero sull’osservatore.

 

Così, quando Giove feconda Danae sotto forma di pioggia d’oro, Klimt racconta sotto la pelle del mito la luce infinita che genera la vita e il sogno.

Lasciati incantare da EFFETTO AirClissi: Galletti trasforma il concetto di cassetta idronica in una nuova dimensione estetica, dove aria e luce diventano protagoniste della scena.